Di Angelo Aquaro
Le foto c’erano, chiare e dettagliate. “Un metro ogni pixel”, gongola Thorsten Markus, il ricercatore tedesco volato da Brema alla Nasa per combattere la battaglia dell’ambiente: “Una risoluzione così non s’era mai vista, trenta volte superiore a quelle che avevamo a disposizione: qui si vede tutto”. Cioè non si vede più nulla, perché il ghiaccio di Barrow, Alaska, non c’è più, sparito, inghiottito da quel mare Artico che è sempre meno Glaciale per il surriscaldamento. Sì, le foto c’erano: mille immagini scattate dal supersatellite intorno a sei siti a rischio sull’Oceano. Peccato che quegli scatti praticamente storici, prova visibile del global warming, fossero stati nascosti, proibiti, censurati: proprio da quel George Bush che già aveva classificato come segretissimi altri studi sull’effetto serra, compreso quello firmato, anno 2004, dal suo stesso Pentagono.
Prendete Barrow: è il villaggio più a nord del mondo, nell’Alaska fino all’altro ieri governata da Sarah Palin, con un occhio più alle trivelle petrolifere che ai ghiacci. Quattromila anime affacciate sul nulla eterno, una stazione del servizio meteorologico nazionale che si arrampicò già alla fine dell’Ottocento, e soprattutto la base del Noaa, il National Oceanic and Atmosphere Administration. Ecco, adesso nelle foto desecretate il disastro si vede a occhio nudo: questo, luglio 2006, è l’Oceano davanti a Barrow come è apparso da che mondo e mondo, con la linea dei ghiacci all’orizzonte, e questa è la stessa foto scattata nel luglio 2007, nulla di nulla: la striscia bianca non c’è più.
Le foto, straordinarie davvero, sono state fatte spuntare dal cassetto da un’agenzia governativa, l’Osservatorio geologico degli Stati Uniti, a poche ore dall’allarme lanciato sul clima dall’Accademia nazionale delle scienze, in una mossa che si presume concordata con lo staff dell’amministrazione Obama. L’ambiente è uno dei punti forti del programma di Barack, che appena un mese fa ha sbandierato come una grande vittoria l’approvazione alla Camera del pacchetto clima, malgrado le critiche dei verdi più radical delusi dal Cap and Trade, il meccanismo di compravendita dei “diritti” (ovviamente costosi) di inquinamento. Ora per il piano si prevede però una dura battaglia al Senato, dove già il presidente ha il suo bel da fare con la riforma sanitaria.
Ma le foto nascoste e riapparse aprono anche un altro fronte di lotta: quello per la sopravvivenza della ricerca scientifica. Dice Jane Lubchenco del Noaa: “Immagini come queste ormai sono la prova che cerchiamo, ma la flotta dei satelliti spia non è stata rimpiazzata e ora rischiamo il collasso. Lottiamo in un campo di battaglia in cui l’America si presenta cieca”. In febbraio, scrive Suzanne Goldeberg, esperta di ambiente dell’inglese Guardian, un satellite della Nasa che trasportava strumenti per produrre la prima mappa dell’emissione di carbone intorno alla Terra è caduto nell’Antartico appena tre minuti dal decollo.
Non è un segnale incoraggiante. Ora nel piano di Obama ci sono 170 milioni per recuperare il gap. Per l’istituto di ricerca che lotta nei posti più impervi, come sulla trincea del nulla di Barrow, ne servono altri 390. Bush e Cheney facevano presto a risolvere il problema: bastava nasconderlo nel cassetto. Ma oggi il clima è cambiato, anche alla Casa Bianca. Peccato che insieme ai ghiacci siano spariti anche i fondi.
www.repubblica.it
La “Otra Salud”, l’emergenza sanitaria che non fa notizia
In Il Commento on luglio 31, 2009 at 4:16 PMtratto da www.savetherabbit.net
L’influenza suina non fa più paura, ma le condizioni sanitarie nel Sud del Messico restano gravi.
di Mauro Annarumma per Meltin’Pot (Univ. Roma Tre)
Dopo settimane di dichiarazioni allarmiste dell’Organizzazione Mondiale per la Salute, che sembrava inseguire i lanci in prima pagina dei principali quotidiani di tutto il mondo sull’influenza suina, è calato il silenzio soporifero sulla paventata pandemia del virus AH1N1. Secondo i dati forniti dal Ministro della Salute messicano, José Angel Cordova, circa il 70% dei casi si sono concentrati nella capitale, dove un ferreo controllo del rispetto delle nuove norme sanitarie avrebbe impedito l’ulteriore diffusione del virus. Le aree limitrofe, come Tlaxcala, Oaxaca e Chiapas, sono state interessate solo marginalmente dall’influenza suina, ma le condizioni sanitarie della regione, la più povera del Messico, restano precarie e l’assistenza medica insufficiente, lasciando la popolazione in uno stato di emergenza sanitaria cronica: è latitante il governo centrale, che tende ad adottare una linea politica discriminatoria verso le popolazioni indigene dell’area e si limita spesso a distribuire fondi pubblici a enti o strutture poco radicate nel territorio, secondo quanto denunciano le organizzazioni umanitarie che operano nell’area, e alle quali è devoluta l’assistenza vera e propria, come la Croce Rossa e Medici senza Frontiere. Come nelle altre aree depresse del Paese, a pagare il prezzo più alto della grave condizione economica e sociale della popolazione sono le donne, vittime dei pregiudizi culturali e delle tradizioni discriminanti che relegano la figura femminile ai margini della società. Le numerose gravidanze, spesso in giovanissima età, vengono portate a termine senza alcun controllo medico, e molte si risolvono con la morte della partoriente. Le precarie condizioni sanitarie si riflettono anche sul rischio di morte per i bambini al di sotto di un anno di vita, oltre il 60% più elevato rispetto alla media nazionale: ogni 10.000 nati vivi, quasi 300 muoiono a meno di 12 anni di età. Tra le cause principali vi sono malattie tropicali o legate alla scarsa qualità della vita, quali bronchiti, dissenterie gravi, colera, tripanosomiasi, febbre gialla, malaria, malattie respiratorie, TBC, parassitosi intestinali, e la denutrizione, che interessa oltre la metà della popolazione indigena e fino all’ottanta per cento della popolazione nella zona della Selva Locandona, non raggiunta da servizi per le acque potabili e fognarie. Il perdurare, inoltre, del conflitto a bassa intensità tra il Governo e le comunità autogestite del Chiapas, rafforza la tendenza dei locali a non usufruire dei servizi sanitari ufficiali, che svolgono anche una funzione di controllo e censimento della popolazione, e moltiplica i tentativi di organizzazione in sistemi autonomi ancora lontani però dal poter garantire una efficace assistenza sanitaria. I servizi sono centrati sulla figura del “Promotore di salute”, depositario della tradizionale medicina maya e della medicina contemporanea, e rappresentano un modello alternativo di sanità al servizio della comunità e, nelle intenzioni, lontano dalle logiche di mercato. Ciononostante, medicinali e strumenti diagnostici vengono ancora forniti dalle organizzazioni umanitarie e dalle associazioni internazionali, rivelando prime contraddizioni di un modello in divenire