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Acqua bene comune: verso il corteo del 4 Dicembre contro la privatizzazione

In Senza categoria on novembre 30, 2010 at 11:42 PM
 
mercoledì 1 dicembre · 16.30 – 19.30

  Università “L’Orientale”, Palazzo Giusso, aula Matteo Ripa

Largo San Giovanni Maggiore Pignatelli
Napoli, Italy

   

  Assemblea pubblica. Parteciperanno:
Alex Zanotelli: Comitato Campano per l’Acqua Pubblica
Maurizio Montalto: giurista
Ciro Pesacane: Presidente Associazione Forum Ambientalista

Mentre esplode la rivolta studentesca, Berlusconi militarizza le città italiane

In Senza categoria on novembre 30, 2010 at 11:32 PM
Un'immagine degli scontri oggi a Genova Un’immagine degli scontri oggi a Genova

 

ROMA – Oggi, nel centro storico di Roma, in una zona assai vasta che parte da piazza Montecitorio, sede della Camera dei deputati, il governo Berlusconi ha militarizzato gli accessi, non consentendo a turisti e cittadini qualsiasi di poter accedere ai passaggi, alle piazze, ai negozi. La galleria Alberto Sordi, cuore commerciale romano, è stata chiusa d’autorità. Soltanto i giornalisti, esibendo il tesserino professionale, potevano avvicinarsi ai gangli vitali di un potere morente. “Non ho mai visto una cosa simile nella mia vita di giornalista a Roma” ha detto in diretta tv Iman Sabbah, giornalista palestinese di Rainews 24. Il segretario del Pd Pierluigi Bersani si è chiesto: “Se la preoccupazione è così alta da militarizzare la città, ma non potevano spendere qualche ora per aprire un confronto invece di portare la tensione a un livello così alto”? Qualcosa del genere è accaduto anche a Torino, Milano, Bologna, Padova, Napoli, Bari, Palermo. Insomma, in tutta Italia.

Le immagini degli studenti che hanno cercato in tutti i modi di penetrare nei labirinti del potere politico romano e quelle di polizia e carabinieri che hanno stretto un vero e proprio assedio alla vita dei romani, con un’ampia area urbana praticamente bloccata fino a tarda sera, fotografano meglio di qualsiasi altra cosa il dispotismo di un governo giunto allo stremo, che non ha più nessuna maggioranza parlamentare e nel Paese e che cerca di imporre con sempre minore forza una riforma universitaria che, fino a questo momento, piace soltanto alle Conferenze dei rettori, quindi a quei baronati che la propaganda berlusconiana dice di voler, proprio con questa legge, combattere.

La rivolta degli studenti per una finta riforma

Come nella Cina di fine anni Novanta, è in atto in Italia una vera e propria rivolta degli studenti contro la legge Gelmini di riforma dell’Università che, dopo la scientifica distruzione dell’istruzione pubblica (con tagli ai finanziamenti pari a 8 miliardi complessivi), ora si prefigge di rivolgere le sue mortali attenzioni anche alla ricerca e all’istruzione di ultimo livello. Il leader dell’Italia dei valori Antonio Di Pietro ha denunciato che “la ‘dama salva-baroni’, con un subemendamento ha stravolto la proposta dell’Italia dei valori di eliminare le parentele e i nepotismi all’interno delle università. Un subemendamento fatto apposta per salvaguardare i baroni”.

La cosiddetta “riforma” dell’Università, secondo Pierferdinando Casini, è soltanto “un catalogo di buone intenzioni. C’è un giusto principio di meritocrazia ma solo con i principi non si va lontano, perché mancano le risorse” ed ha annunciato il voto contrario del suo partito. “Quella non è una riforma positiva dell’università” dichiara il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, parlando oggi alla Boccini ed aggiunge:  – “Si tratta di una modalità che rafforza, con buona pace della ministra, la logica precaria rispetto ai ricercatori e baronale dal punto di vista della conduzione. Siccome avremmo invece tutti bisogno di qualificare e rifinanziare il nostro sistema dell’istruzione, forse è meglio non fare quella legge e aprire una discussione vera”. Intanto oggi il Governo è stato ancora battuto su due emendamenti, passati con i voti dei finiani e delle opposizioni.

La deriva di una militarizzazione del dissenso

Nel 2007, l’attuale maggioranza (allora opposizione), con il futuro presidente del Senato Renato Schifani, rimarcò come la protesta di qualche centinaia di persone (inviate ed organizzate da Forza Italia) a Bologna contro Romano Prodi dimostrava lo scollamento del governo dal Paese reale. Oggi come dovremmo interpretare la rivolta studentesca in atto? Si tratta forse di qualcosa di più delle minimizzazioni indecenti (“andate a studiare!”, “manifestazioni strumentali”, “gli studenti manifestano a favore dei baroni”) della stampa berlusconiana e del megafono umano Capezzone. Forse si tratta della riproduzione fedele di un Paese allo stremo dopo i quasi dieci anni di potere berlusconiano. “Da settimane ricercatori, studenti e professori protestano contro una riforma dell’università che nei fatti distrugge quella pubblica di tutti e favorisce quella privata di pochi” scrive oggi sulla sua pagina di facebook l’europarlamentare Luigi De Magistris, che aggiunge: “L’estremismo è quello del governo, che sta aggredendo la democrazia fondata sul diritto all’istruzione e che sta cercando, irresponsabilmente, di militarizzare gli spazi del dissenso, gestendo l’ordine pubblico in modo rischioso. Speriamo che il ministro Maroni dimostri un minimo senso di saggezza e non si senta, come accaduto diverse volte in passato, la reincarnazione di Scelba”.

Perché il pericolo, a prescindere da una riforma universitaria senza risorse, è proprio quello denunciato da De Magistris e che l’immagine odierna della Capitale ha mostrato a chi ha occhi per vedere: il golpe strisciante, l’uso della forza come a Genova nel 2001, la ricerca dello scontro e dell’estremizzazione teorizzata da Cossiga dei cortei per ferirli al proprio interno. In una parola, l’uso della violenza nel momento di massima crisi parlamentare di una destra berlusconiana che sta diventando sempre più pericolosa.

A NAPOLI ANCHE I RIFIUTI DEL NORD, ZAIA SI VERGOGNI

In Senza categoria on novembre 30, 2010 at 6:14 PM

Ma siamo proprio sicuri che nelle discariche di Napoli non ci siano anche rifiuti del Nord?”. Se lo domanda Ciro Pesacane, presidente del Forum Ambientalista, che considera irresponsabile l’atteggiamento del governatore del Veneto, Zaia.

“Siamo all’egoismo territoriale, la Lega è arrivata fino a questo – aggiunge l’ambientalista – Comunque non sono per niente soddisfatto delle misure del governo. Sposteranno pure 600 tonnellate di rifiuti in altre regioni ma presto ritornerà l’emergenza perchè manca una politica dei rifiuti”.

“Non si può continuare a contare solo su discariche e inceneritori – conclude Pesacane – bisogna puntare su riduzione dei consumi, raccolta differerenziata, riuso, riciclo e processi di biostabilizzazione. Così come gli ecologisti dicono da sempre”.

Per info Giacomo Sette    338-1202287

 
 
Forum Ambientalista

Pompei, nuovo crollo: la Casa del Moralista

In Senza categoria on novembre 30, 2010 at 1:07 PM
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A Pompei si è verificato un altro crollo nell’area archeologica. Attualmente la sovrintendenza sta effettuando un sopralluogo per risalire all’entità del danno. Secondo quanto si apprende a cedere sarebbe stato un muro e non un’intera domus. A cedere, un muro presso la “Domus del moralista” chiusa al pubblico da sempre e situata a 20 metri dalla Domus dei Gladiatori, l’edificio crollato su Via dell’Abbondanza il 6 novembre.

Anche in quell’occasione le forti piogge avevano provocato uno smottamento dei terrapieni restrostanti la antica palestra utilizzata dagli atleti dell’antica Pompei.

Il ministro Bondi si era giustificato dicendo che i soldi per Pompei ci sono, ma che non è colpa sua. «Non è responsabile», si giustificava Bondi. Come se non fosse lui il ministodel Beni Culturali. Un nuovo crollo si è verificato nell’area archeologica di Pompei.

Progetti, grandi opere, porti, autostrade. Tutte possibili realizzazioni con un’alta percentuale di distruzione per una delle zone più caratteristiche d’Italia, la Maremma.

In Senza categoria on novembre 29, 2010 at 9:40 PM

Progetti, grandi opere, porti, autostrade. Tutte possibili realizzazioni con un’alta percentuale di distruzione per una delle zone più caratteristiche d’Italia, la Maremma.

Come riporta Repubblica, c’è già un porto e ne pretendono uno più grande, così ci saranno tre posti barca per ciascuno dei quattrocento abitanti di Talamone. C’è una fabbrica abbandonata e, lì in mezzo, sognano schiere di ville con soci napoletani che si portano dietro l’odore di frequentazioni camorristiche. Ci sono le alghe da smaltire e così i capannoni sfioreranno l’oasi dei fenicotteri. E poi, ci sono sempre quei maledetti 11 chilometri di autostrada tirrenica che diventeranno paesaggio.

“E tengono i cittadini all’oscuro di tutto”, raccontano dall’Associazione Colli e Laguna, cinquecento iscritti in due mesi e quattromila contatti su Facebook. Variante dopo variante e percorso dopo percorso, l’autostrada correrà parallela all’Aurelia e alla costa, ufficialmente per risparmiare denaro ma di fatto l’ultima correzione di rotta salverà anche qualche dimora Vip adagiata oltre i poggi.

Quelli dei comitati sono furiosi, insospettiti da patti sottobanco e prodigiosi affiatamenti. Il primo fra tutti quello fra il sindaco di Orbetello e ministro alle Infrastrutture Altero Matteoli e l’ex sottosegretario Antonio Bargone, un dalemiano di ferro che è presidente della Società Autostrada Tirrenica. Tutti e due dalla stessa parte, a favore dell’autostrada a due passi dalla laguna.

Ma nel regno del sindaco-ministro non sono soltanto quegli 11 chilometri a sollevare scandalo. Nei paraggi, proprio fra l’oasi del Wwf e lo scalo ferroviario, c’è un terreno di 55 ettari che ha scatenato appetiti. Là sopra ci sono 400 mila metri cubi di fabbricati da trasformare in oro, i vecchi stabilimenti della Sitoco, un’azienda della Montecatini che per settant’anni ha prodotto concimi chimici e che è stata rilevata nel 2004 per 7 milioni di euro dalla “Laguna Azzura srl”, una società davvero molto speciale.

Si fa tutto alla grande insomma, come al porto di Talamone che può accogliere quasi 750 barche. Vogliono allargarlo per mettercene dentro altre 300. “È il pretesto per speculazioni edilizie, nella zona di porti ce ne sono già sei”, dice Michele Scola, il presidente della sezione di Grosseto di Italia Nostra. Un investimento immobiliare mascherato da porto. Con una banchina di cemento che si allunga per seicento metri nella laguna. Molto graziosamente la chiamano “cintura ecologica

10 notizie sui palestinesi che la TV ti ha nascosto

In Senza categoria on novembre 29, 2010 at 9:03 PM

Il muro che divide Israele e Palestina – Foto: Un.org

Oggi, 29 novembre, l’Onu celebra la Giornata Internazionale di Solidarietà con il popolo Palestinese. Una buona occasione per riflettere sulla situazione dei palestinesi e sulla violenza che ancora oggi gli viene inflitta. Una violenza continua, quotidiana, spesso nascosta dai grandi mezzi d’informazione. Per questo pubblichiamo un articolo di Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace.

1. Privati da oltre sessant’anni della libertà, 4 milioni di palestinesi sono costretti a vivere sotto il peso dell’occupazione militare israeliana. 2.2 milioni hanno meno di 18 anni. Più di 1.800.000 palestinesi vivono da rifugiati nella propria terra. Quasi 3 milioni vivono in Giordania, Libano e Siria. Più di 20.000 palestinesi vivono rinchiusi in un campo profughi nel Città Santa di Gerusalemme.

2. Dall’inizio del 2010, l’esercito israeliano ha ferito 1074 palestinesi (in prevalenza giovani e bambini) che protestavano contro l’occupazione, contro l’espansione degli insediamenti e contro la costruzione del muro. Nel 2009 ne sono stati feriti 764.

3. Da quando il 26 settembre è finita la moratoria sulla costruzione di insediamenti nei territori occupati, i coloni israeliani hanno costruito 1650 case nuove, poco meno del totale di quelle costruite nel 2009.

4. Ai palestinesi invece non è permesso di costruire o ingrandire la propria casa in tanta parte della propria terra. Dal 24 novembre le autorità israeliane hanno abbattuto 18 case palestinesi e una moschea. 54 persone sono state gettate per la strada.

5. Il 23 novembre un gruppo di coloni israeliani accompagnati dalla polizia israeliana si sono impossessati di un palazzo palestinese di tre appartamenti di Gerusalemme. Tre famiglie palestinesi con 5 bambini sono finiti per strada. In luglio i coloni israeliani hanno fatto lo stesso con le case di altre 29 persone e otto famiglie. Osservatori internazionali parlano di “pulizia etnica”.

6. Nella settimana tra il 10 e il 23 novembre, l’esercito israeliano ha condotto 57 incursioni e arresti di palestinesi nelle città e nei villaggi della West Bank e a Gerusalemme. Un po’ meno della media settimanale che nel 2010 è di 93 incursioni e arresti.

7. Dall’inizio dell’anno i coloni hanno aggredito i contadini palestinesi o distrutto le loro proprietà agricole, sradicando e bruciando migliaia di ulivi secolari, in media 6 volte alla settimana. Questa settimana (10 e il 23 novembre) le aggressioni sono state 7, una al giorno.

8. Nonostante il ritiro del 2005, Israele continua a controllare tutti gli aspetti fondamentali della vita di 1,5 milioni di palestinesi che abitano nella Striscia di Gaza. Dall’inizio del 2010, 58 palestinesi sono stati uccisi e 233 feriti. La maggioranza erano civili. Prima dell’inizio dell’assedio, dalla Striscia di Gaza entravano e uscivano in media 650 persone al giorno. Oggi ne passano 340. I palestinesi di Gaza hanno la corrente elettrica solo per 12 ore al giorno. L’acqua arriva nelle case ogni due giorni, per poche ore. E in alcune zone arriva solo ogni 5 giorni.

9. Ai palestinesi non è concesso di circolare liberamente nella propria terra. Il muro di 700 km costruito dagli israeliani nella West Bank separa molti palestinesi dai loro terreni, dai posti di lavoro e dai familiari. Il resto lo fanno una serie di coprifuoco, circa 600 posti di blocco e altri ostacoli. Per spostarsi spesso i palestinesi devono chiedere un permesso che spesso non arriva. A molti palestinesi viene così negata la possibilità di accedere alla terra, al lavoro, alle strutture scolastiche e ai servizi di base.

10. Israele continua a negare ai palestinesi l’accesso all’acqua, intralciando lo sviluppo socioeconomico e ponendo a repentaglio la loro salute. Un palestinese può utilizzare al massimo 70 litri di acqua al giorno, meno del minimo necessario. Un israeliano ne consuma 4 volte di più. L’esercito israeliano ha ripetutamente distrutto le cisterne di raccolta di acqua piovana usate dai palestinesi con la motivazione che erano state costruite senza permesso.

Piccolo decalogo delle cose che possiamo fare per la pace in Medio Oriente: (1) rafforzare il dialogo e la conoscenza reciproca con il popolo palestinese e con il popolo israeliano; (2) alleviare le sofferenze del popolo palestinese e ricostruire la fiducia e la speranza nella pace; (3) vigilare sulle violazioni e il rispetto della dignità e dei diritti umani; (4) sostenere i familiari delle vittime palestinesi e israeliane; (5) collaborare con tutti coloro che operano per la pace in Israele e nei territori palestinesi occupati; (6) contribuire a rafforzare le istituzioni locali palestinesi; (7) promuovere l’incontro e il dialogo tra israeliani e palestinesi; (8) sensibilizzare i giovani sui problemi del Medio Oriente e coinvolgerli in iniziative di solidarietà e di pace; (9) chiedere la fine della vendita di armi e la denuclearizzazione del Medio Oriente; (10) rafforzare l’impegno politico dell’Italia e dell’Unione Europea per la pace in Medio Oriente

Polveri sottili e acque reflue L’Italia deferita alla corte Ue

In Senza categoria on novembre 28, 2010 at 1:24 PM

La Commissione europea ha deciso di intervenire a causa del mancato rispetto delle legislazione in materia di Pm10 e trattamento dei liquami. Insieme a noi Spagna, Portogallo e Cipro. Sotto osservazione anche la direttiva sul rendimento energetico degli edifici

BRUXELLES – La Commissione europea punta il dito sul Paese e ha deciso di mettere l’Italia sul banco degli imputati alla Corte di giustizia dell’Ue. Sotto accusa, i livelli di polveri sottili e trattamento delle acque reflue.

Nel primo caso, il nostro Paese è stato deferito insieme a Spagna, Portogallo e Cipro. Per Bruxelles “non è stato finora affrontato in modo efficace il problema delle emissioni eccessive di Pm10”, i cui valori limite sono stati superati in numerose zone.

Gli Stati membri dovevano adeguarsi entro il 2005 alla legislazione europea, secondo la quale i cittadini non dovrebbero essere esposti alle microparticelle Pm10 i cui valori limite non devono essere superati per più di 35 volte in un anno di calendario. Un’esenzione è possibile fino a giugno 2011, ma solo se il Paese dimostra di avere adottato misure per rispettare gli obblighi entro il termine proprogato. La Commissione, però, ritiene che, per quanto riguarda l’Italia, “le condizioni per concedere la proroga non siano state rispettate” e per questo “ricorre alla Corte di giustizia europea”.

La Commissione europea ha anche deciso per di intervenire contro il nostro Paese per il mancato rispetto delle normative comunitarie sul trattamento delle acque reflue provenienti da vari comuni della provincia di Varese e sversate nel bacino del fiume Olona. In questo caso si tratta in realtà di un secondo ricorso, per inadempienza rispetto a una sentenza della Corte già emessa quattro anni

fa, nel novembre 2006, a cui le autorità italiane non hanno mai dato esecuzione. In caso di un seconda condanna, l’Italia rischia quindi pesantissime sanzioni pecuniarie giornaliere, proporzionali alla durata del mancato adeguamento.

Una terza procedura d’infrazione decisa oggi dalla commissione contro l’italia, anche se a uno stadio meno avanzato, riguarda la direttiva europea sul rendimento energetico degli edifici, le informazioni utili sugli immobili che i cittadini acquistano o affittano. In questo caso si tratta di un ‘parere motivato’: Bruxelles minaccia il ricorso in Corte Ue se l’Italia non adotterà entro due mesi una normativa conforme alle esigenze della direttiva in materia di rilascio degli attestati di rendimento energetico degli edifici, e che includa anche l’obbligo di ispezioni periodiche degli impianti di condizionamento d’aria per valutarne il

Verso Cancun: salvare le foreste per ridurre le emissioni?

In Senza categoria on novembre 28, 2010 at 1:15 PM
 
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Le foreste sono una risorsa importantissima contro il cambiamento climatico. Per prima cosa perché gli alberi assorbono l’anidride carbonica prodotta dalle attività umane e in secondo luogo perché la deforestazione provoca emissioni di CO2 pari al 20% del totale. Vale a dire più dell’intero comparto trasporti e con un impatto inferiore soltanto al settore energetico. In attesa del vertice ONU sul cambiamento climatico COP16 che si terrà in dicembre a Cancun, è forte la speranza di riuscire a trovare un accordo almeno in favore delle foreste.
“Il comparto energetico europeo emette circa 4,1 miliardi di tonnellate di anidride carbonica ogni anno mentre la deforestazione, il taglio e il trasporto illegale di tronchi di albero, il rogo delle foreste pluviali in Brasile, Indonesia e altri paesi è responsabile della produzione di circa 6 miliardi di tonnellate di CO2 ogni anno – ha dichiarato il deputato tedesco Karl-Heinz Florenz, vicepresidente della delegazione del Parlamento a Cancun – Questo non vuol dire che non si possa far niente, anzi”.

La commissione ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare del Parlamento Europeo, ha votato una risoluzione sulle foreste in vista della conferenza di Cancun.

Dietro a la sigla oscura “REDD”, che significa “Ridurre le Emissioni provocate dalla Deforestazione e dal Degrado delle foreste”, si nasconde un concetto semplice:  creare uno stimolo finanziario per i paesi in via di sviluppo per disincentivare la deforestazione e ridurre, di conseguenza, la quantità di emissioni di CO2.

Un’iniziativa diversa dalle altre in quanto collega direttamente gli incentivi finanziari al carbonio preservato dalle foreste. Calcolando quest’ultimo si dovrebbe riuscire a stabilire quanto un paese ha fatto per evitare la deforestazione e verrebbero concessi, in presenza di buoni risultati, sostegni finanziari.

Ma la strategia europea non convince del tutto le popolazioni indigene. Le foreste, spiegano, non sono solo una macchina per la cattura di emissioni e per la vendita di crediti sul mercato del carbonio. La proposta REDD prende in considerazione solo una delle funzioni delle foreste, che è la loro capacità di assorbire anidride carbonica, da monetizzare in certificati, o crediti,  che consentiranno ai paesi sviluppati e  di evitare la riduzione delle emissioni nel proprio territorio. Le aziende del Nord avranno la scelta tra ridurre le loro emissioni o acquistare “certificati REDD” nel Sud in base alla loro convenienza economica.

Ad esempio, invece di investire 40 o 50 dollari nella riduzione di una tonnellata di C02 in un paese sviluppato, un’impresa preferirà presumibilmente acquistare un “certificato REDD” del costo di 10 o 20 dollari in un paese in via di sviluppo. In questo nodo, i paesi sviluppati scaricano il loro impegno a ridurre le emissioni sui paesi in via di sviluppo.

Le foreste inizieranno a un prezzo per il quantitativo di CO2 sono in grado di assorbire. Il “credito” o “diritto di carbonio” che certifica la capacità di assorbimento sarà comprata e venduta come qualsiasi merce in tutto il mondo. Per garantire che nessuno interessa la proprietà dei “certificati REDD” acquirenti, una serie di restrizioni saranno messe in atto, che finirà per influenzare il diritto sovrano dei paesi e dei popoli indigeni sulle loro boschi e foreste pluviali. Così inizia una nuova fase di privatizzazione della natura, mai visto prima che si estenderà per l’acqua, la biodiversità e ciò che essi chiamano “servizi ambientali”.

Per questo motivo, le popolazioni indigene hanno adottato un approccio diverso, che prevede:

  • Una gestione integrata delle foreste native e delle foreste pluviali, non considerando esclusivamente la loro funzione di mitigazione delle emissioni o di stock di carbonio, ma tutte le loro funzioni e potenzialità, evitando confonderle con semplici piantagioni.
  • Il pieno rispetto per i diritti dei popoli indigeni come stabiliti dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni, e dalla Convenzione n. 169 dell’Organizzazione internazionale del lavoro e altri strumenti internazionali, tra cui il pieno riconoscimento e il rispetto dei territori indigeni.
  • La rivalutazione e la piena implementazione delle conoscenze indigene nella la conservazione delle foreste.
  • La piena partecipazione dei popoli indigeni nella gestione delle foreste ancestrali.
  • L’apertura di canali di finanziamento dai paesi sviluppati verso i paesi in via di sviluppo e le popolazioni indigene per sostenere la gestione integrale delle foreste come parte del debito ambientale e climatico del Nord

I contestatori a Napoli? Io alla loro età pensavo a fare la corte alle ragazze…”.

In Senza categoria on novembre 27, 2010 at 10:09 am

Così Silvio Berlusconi risponde a chi gli chiede conto delle proteste giovanili che lo hanno accolto anche a Napoli, dove è tornato per occuparsi di rifiuti.

Si dirà che è la solita battuta, perfino meno peggio delle bestemmie, delle barzellette sui gay o sulla Bindi.

E invece è la peggiore. Perché in quelle poche parole c’è tutta la sua idea della politica e del rapporto tra questa e la società.

In Italia c’è un presidente del Consiglio che dice ai giovani di pensare a “divertirsi”, magari in locali simil- Bilionnaire o davanti al Grande Fratello, e di lasciar perdere la politica. Un premier che, col sorrisone maliardo di chi la sa lunga, invita chi ha in mano il futuro del Paese a dimettersi da cittadino.  

E’ più di una bestemmia, più di una ossessiose sessuale e sessista.

Questo modo di pensare è la celebrazione della morte della politica. Vale a dire, per un politico, il segno più evidente del proprio declino.

(P.S. I contestatori sono anche di sesso femminile. A quelle il premier cosa consiglia?)

IL DECRETO APPENA FIRMATO DA NAPOLITANO NON RISOLVERA’ L’EMERGENZA A NAPOLI

In Senza categoria on novembre 26, 2010 at 8:31 PM

“Il nuovo decreto ha accolto le richieste di Napolitano, Berlusconi è riuscito a mediare tra Cosentino e la Carfagna… e adesso? Adesso la situazione rimarrà uguale a prima. Questo provvedimento non aiuterà a risolvere l’emergenza rifiuti, arrivata ad un livello peggiore rispetto a quello di due anni fa”. Così Ciro Pesacane, presidente del Forum Ambientalista, sul dramma monnezza a Napoli.

“Quando il governo capirà che la situazione disastrosa attuale è dettata dalle politiche basate solo su discariche ed inceneritori e che invece la soluzione è la raccolta differenziata, sarà troppo tardi. Intanto – conclude l’ambientalista – non si può far altro che rispettare e comprendere la rabbia dei cittadini che vedono la devastazione della loro Napoli”.
Per info, Giacomo Sette 338-1202287

 
 
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