Uno studio scientifico conferma le stime della catastrofe avvenuta nel Golfo del Messico. Cinque milioni di petrolio e altri idrocarburi sversati in mare. In Equador un’altra compagnia condannata ad un pesante risarcimento. Continuiamo così?
Il costo del petrolio è insostenibile e ormai anche l’opinione pubblica se ne sta accorgendo. Le compagnie petrolifere continuano a devastare l’ambiente per estrarre nuovo petrolio, perché le riserve sono a rischio.
Il caso più eclatante è quello dello sversamento nel Golfo del Messico di ingenti quantità di petrolio per via di un incidente alla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon della Shell, avvenuto nell’aprile del 2010.
I dati della perizia confermano le stime più pessimistiche: dalla falla sono uscite oltre 11 mila tonnellate di petrolio al giorno, equivalenti a 59 mila barili. Nel totale dei tre mesi le perdite di idrocarburi assommano alla cifra di 5 milioni di barili. La Shell potrai mai ripagare del danno arrecato? Potranno i soldi tamponare l’enorme ferita dei mari?
Ma la Shell non è l’unica compagnia sotto accusa. Nei giorni scorsi è arrivata la notizia che la compagnia petrolifera Chevron dovrà pagare all’Ecuador 18 miliardi di dollari per i danni provocati nella foresta amazzonica tra il 1964 e il 1990 della Texaco, acquistata nel 2001 dal colosso Chevron. La Corte d’appello ecuadoriana ha infatti confermato la sentenza di un tribunale di primo grado che nel febbraio scorso aveva condannato la società petrolifera americana. Anche in questo caso si pone la domanda: le foreste potranno mai essere risarcite?
Con il picco del petrolio ormai alle nostre spalle e le trivellazioni che diverranno sempre più difficili e rischiose, bisogna chiedersi se il gioco vale ancora la candela…
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