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Anticipato al 21 agosto 2010 l’Earth Overshoot Day: bisogna consumare meno risorse

In Senza categoria on agosto 18, 2010 at 11:52 am

Sabato 21 agosto cade l’ Earth Overshoot Day. Non è una bella data. In pratica l’umanità ha già consumato tutte le risorse che il Pianeta è in grado di produrre in un anno. Attualmente, noi umani consumiamo risorse oltre il 30% della possibilità che le stesse hanno di rigenerarsi. Insomma, per usare un termine caro alla politica, dal 21 agosto iniziamo a indebitarci con la Terra. Il problema è come coprire questo debito considerato che le risorse hanno dei tempi ben precisi per ritornare a essere disponibili.

Scrive Global Footprint Network, l’organismo che calcola e diffonde l’impronta ecologica, ossia quanto impatto hanno gli esseri umani sul Pianeta:

Oggi l’umanità usa l’equivalente di 1,3 pianeti ogni anno. Ciò significa che oggi la Terra ha bisogno di un anno e quattro mesi per rigenerare quello che usiamo in un anno. Scenari alquanto ottimisti delle Nazioni Unite suggeriscono che se il presente trend della popolazione e del consumo continuasse, entro il 2050 avremo bisogno dell’equivalente di due pianeti per il nostro sostentamento. E naturalmente ne disponiamo solo di uno. Trasformare le risorse in rifiuti più velocemente di quanto questi possano essere ritrasformati in risorse ci pone in una situazione di sovrasfuttamento ambientale, di esaurimento proprio di quelle risorse dalle quali la vita umana e la biodiversità dipendono.

Una prima soluzione è certamente consumare meno: evitiamo di usare indebitamente acqua, energia o cibo. Compriamo solo ciò che è necessario e che consumiamo senza sprecare nulla. Una seconda soluzione, diciamo da applicare su più larga scala, prevede che vi sia un controllo delle nascite: meno esseri umani = meno consumi. Ma insomma, è molto complessa da applicare e non sembra sia ben accetta da tutti gli organismi che poi dovrebbero promuoverla

PIL: e vissero felici e contenti … o no?

In Senza categoria on agosto 18, 2010 at 11:39 am
Il PIL visto da StainoSul PIL (Prodotto Interno Lordo) si fonda la nostra società dei consumi. Averlo alto o basso cambia completamente le prospettive e perfino il nostro stato mentale. Durante la recente crisi non si è parlato d’altro come se un “più” davanti allo 0,005 comunicato dal telegiornale fosse premessa indispensabile per la riassunzione del personale in esubero, per la ripresa dell’erogazione di prestiti da parte delle banche, per la riapertura dei negozi e piccole aziende, irrimediabilmente chiuse per la volatilizzazione dei clienti.
La domanda che uno si dovrebbe fare è “Come diavolo incide un PIL più o meno alto sulla mia vita?. E’ proprio vero che se il PIL sale, anche io divento più ricco?” come sembra adombrare il TGX, il Corriere di Vattelapesca, il Giornale del giorno dopo, eccetera, eccetera?
Ci sono economisti che scrivono libri interi sull’argomento. Forse meno conosciuta è la posizione di altri “scienziati”, dei quali ho parlato spesso qui dentro, e che fanno riferimento al Movimento per la Decrescita Felice, che ha in Maurizio Pallante il suo paladino italiano e in Serge Latousche uno degli esponenti di maggior spicco nel mondo.
Il ragionamento è molto semplice, quasi scontato. Se io sto in coda in autostrada quattro ore – dicono al MDF – il PIL del paese aumenta (perché c’è consumo di merci: benzina, acqua, bottigliette di liquore ai mottagrill, ecc.) ma la mia vita in quelle quattro ore è una merda e faccio fatica a credere di averla migliorata. Molti altri esempi si possono fare e tutti vanno nella stessa direzione. Ma il senso è uno solo: è meglio avere “in mano” le merci che ci servono (i “beni” della nostra vita) o i soldi per comprarle? Quale delle due soluzioni ci dà più sicurezza?
Insomma pensare davvero che il PIL “misuri la felicità” è una fesseria piuttosto grande.