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Il mondo malato: meno carne e più preservativi!

In Senza categoria on agosto 12, 2010 at 12:05 PM
Il cibo no è sempre ugualeIl Worldwatch Institute è una istituzione americana, che si occupa di ricerca ambientale. Da 25 anni pubblica un resoconto sullo stato di salute del pianeta terra (“State of the world”), nel quale analizza un numero piuttosto grande di parametri, che vanno dalle temperature degli oceani, ai gas serra, all’inquinamento dell’aria e così via. Questo resoconto viene tradotto in trenta lingue differenti.
Il fondatore del Worldwatch Institute è Lester Brown, 76 anni, scrittore ed economista, uno dei massimi esperti del mondo in quanto ad ambiente.
Il rapporto di quest’anno è accompagnato da un volume che si chiama “Vital Signs 2010” (Segnali di vita 2010) e parte da una serie di indicatori che possiamo dividere in due categorie.
Da un lato ci sono quelli relativi allo stato di salute dei sistemi sociali: come l’andamento della popolazione, quante e quali risorse naturali (energetiche e alimentari) restano disponibili, come varia il PIL planetario e quindi la produzione di merci nel mondo, quanto si spende per la pubblicità, ma anche per le armi, eccetera.
Da un altro lato ci sono gli indicatori che fanno riferimento allo stato di salute dei sistemi naturali e quindi vengono coinvolti i cambiamenti climatici e i loro effetti, lo stato della biodiversità.
Uno dei punti fondamentali proposti da Lester Brown riguarda la crescita demografica sul pianeta. Oggi 6,7 miliardi di persone crescono al ritmo di quasi 100 milioni l’anno. Nel 2040 è previsto che sulla terra ci saranno circa 10 miliardi di persone, affamate e assetate.
Per questo l’autore propone di arrestare la crescita a 8 miliardi entro il 2040. Come fare?
Ci vuole anzitutto un grande sforzo educativo, che deve coinvolgere tutta la popolazione del mondo. Perché la cosiddetta sostenibilità della Terra dipende, appunto, da quante persone deve sostenere. La crescita demografica cambia radicalmente il rapporto con gli ecosistemi che ci circondano, perché la nostra presenza incide pesantemente sulla natura e sulle sue regole, cambiandole in peggio, poiché la base del rapporto è quello dello sfruttamento e non del mantenimento delle risorse.
PreservativoIn questa ottica anche le religioni più retrograde come quella cattolica dovranno fare uno sforzo e decidere se è più importante la sopravvivenza della specie umana e quindi evitare di veder morire milioni di persone di fame e di sete oppure se conta di più mantenere un principio così opinabile come quello che il sesso serva solo a procreare. Perché se il progresso va contro i principi divini si fa fatica a capire come mai si possano usare le automobili, le lavastoviglie, le lampade abbronzanti, le aspirine e tutti i prodotti cancerogeni presenti nei supermercati e non i preservativi.
C’è bisogno, continua Lester Brown, di intervenire subito perché i servizi di controllo demografico possano venire incontro a quei più di 200 milioni di donne che oggi vogliono pianificare le loro famiglie, ma che non hanno i mezzi per poterlo fare. Per miseria, disinformazione, conflitti religiosi.
Brown scrive : «Una delle domande che spesso mi vengono rivolte è “Quante persone la Terra è in grado di sostenere ?” Io rispondo con un’altra domanda : “Con quali livelli di consumi alimentari?“.
E fa anche due conti. Se consideriamo “normale” il consumatore americano vediamo cosa salta fuori. Lui fa fuori circa 800 kg di cereali all’anno, per l’alimentazione e per il mangime per gli animali che deve nutrire. Il mondo è in grado di produrre ogni anno circa 2 miliardi di tonnellate di cereali. Il conto allora è presto fatto; con questi numeri la terra può sostenere 2,5 miliardi di persone. Se invece tutti facessero come gli italiani, che consumano 400 kg di cereali l’anno, ci sarebbero risorse per 5 miliardi di persone; se tutti si comportassero come gli indiani ci sarebbe cibo per 10 miliardi di persone e così via.
C’è poi il consumo di carne (bovina, suina e pollame). Nel 2008 era stato di 280 miliardi di kg con previsioni di crescita progressiva per gli anni seguenti. Infatti da metà degli anni settanta ad oggi il consumo è raddoppiato e, se il trend venisse mantenuto si arriverebbe a consumi davvero esagerati nel 2050, di quasi 500 miliardi di kg l’anno.
Quello della carne è un capitolo molto importante, perché coinvolge molti altri elementi, essendo la mucca o il maiale un elemento già alto della catena alimentare.Consumatori  americani
Per esempio degli 800 kg di cereali consumati annualmente da un americano, solo 100 gli finiscono in pancia direttamente (come pane, pasta, riso, ecc.). Mentre 700 entrano nella sua alimentazione sotto forma di carne (mangime – animale – carne). Al contrario dei 200 kg consumati dagli indiani una piccolissima parte è destinata all’allevamento degli animali da macello; quasi tutti i 200 kg arrivano direttamente nel piatto del consumatore. E anche questo fa la differenza, perché chi assume o troppe o troppo poche proteine ha una aspettativa di vita minore. E quindi l’educazione alimentare dovrebbe andare nei due sensi e cioè spingere ad una riduzione drastica del consumo di carni da parte di popoli come quello americano o canadese e un aumento per quello indiano e simili, la cui alimentazione è costituita al 60% da riso.
Questo incide anche sull’ambiente e precisamente sui consumi energetici e sui gas serra. Infatti una dieta basata sui vegetali richiede circa un quarto di energia rispetto ad una dieta all’americana. E passare da una dieta a base di carne rossa ad un’altra a base vegetale è come passare da un SUV ad una macchina ecologica come la Prius. Ma anche restando all’interno dei consumatori di carne ci sono differenze sensibili. Così le carni bianche (pollame) hanno bisogno di meno di un terzo di cereali delle carni rosse.
Lo stesso discorso vale per il pesce, la cui cattura diventa sempre più problematica, mentre aumentano i pesci allevati, che sono circa la metà di quelli venduti complessivamente. Non entro nel merito di come questi pesci vengono allevati.
E poi ci sono i cereali destinati alla produzione di combustibili per autotrazione. Non si deve assolutamente permettere che ciò avvenga a spese della nutrizione degli uomini. Finché ci sarà fame nel mondo non deve essere possibile destinare tante risorse naturali a far andare le macchine. Il mais deve finire prima in polenta e solo dopo in kilometri percorsi.
Nel 2009 gli USA hanno prodotto 104 milioni di tonnellate di cereali per produrre etanolo. Sono la razione alimentare media di 340 milioni di persone.

Certo tutto questo implica che si deve cambiare stile di vita, perché il mondo non sarà in grado di sostenerci ancora a lungo. Purtroppo questo cozza contro gli interessi delle società, a cui interessano i dividendi per gli azionisti. La difesa degli interessi avviene tenendo il più possibile all’oscuro la popolazione dei pericoli che stanno dietro a scelte che sembrano meravigliose, come la produzione di biocarburanti o l’uso di alcune biomasse per la produzione dell’energia.

Le conclusioni di Lester Brown sono che bisogna rapidamente passare a famiglie meno numerose, semplificare la catena alimentare, che può avvenire consumando meno proteine di origine animale od indirizzandosi verso proteine di animali più efficienti nel consumo di cereali, eliminare gli incentivi per la conversione del cibo in carburante. Il vantaggio sarà che ognuno degli abitanti del pianeta potrà avere cibo a sufficienza, non importa quale sia il paese in cui vive.

fonte: greenreport.itWorldwatch Insititute

 

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